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Recupero, tutela e salvaguardia: storia o persone?

La modernità, i progressi della medicina ed i miglioramenti dell’alimentazione hanno permesso all’essere umano di vivere più a lungo e di moltiplicarsi sempre di più.
Aumentando di numero, è proporzionalmente salito anche il numero di imbecilli. Nulla è perfetto.

Ma la facilità con cui questi hanno modo di esprimere così democraticamente e rapidamente le proprie elucubrazioni è paradossalmente dannosa.
Occupandomi non solo di esplorazioni di cavità artificiali e di archeologia del sottosuolo ma anche di tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale mi trovo spesso impegnato nel tentativo di documentare i resti del nostro passato, cercando di sensibilizzare gli enti preposti alla loro conservazione e ad eventuali interventi di salvaguardia.
Impiego del proprio tempo e delle proprie risorse discutibile, forse.

Ma essere aggredito verbalmente da qualcuno perché non indirizzo le mie energie nel salvaguardare gli esseri umani lo trovo idiota e ridicolo, almeno quanto il mio stesso interlocutore.
La mia attività non sottrae nulla all’umanità, anzi, si prefigge di lasciare testimonianze del proprio passato per chi fosse talmente illuminato da interessarsene.

Come per gli ambiti culturali, esistono ministeri, enti, associazioni e volontari che si occupano degli esseri umani. Anzi, sospetto che siano di numero ben maggiore queste ultime.
Ognuno con rispettivi fondi, distinti e prestabiliti ai quali attingere.

Dare priorità agli esseri umani, rispetto alle “cose”, è sicuramente più nobile causa per alcuni, forse per molti.
Ma se molte “cose” sono distrutte o rischiano di scomparire è proprio per colpa degli “uomini”.
Ecco perché, quando ne ho modo, cerco di aiutare gli animali. Anche loro sono spesso vittime degli “uomini” da salvare.

Ognuno si senta libero di impiegare il proprio intelletto, il proprio tempo e le proprie risorse economiche nella direzione che gli è più congeniale, purché a fin di bene. E non a smerigliale le parti basse degli altri.

Con affetto, come sempre.

Civiltà sepolte – C. W. Ceram e le grandi avventure narrate

Ricevo mediamente 40-50 proposte di collaborazione ogni mese.
Curiosi, appassionati, archeologi, speleologi, esploratori, fotografi, annoiati. Cerco sempre di capire, dai primi messaggi che scambio che persona ho dall’altra parte dello schermo.
Veri appassionati, professionisti, pazzi furibondi, ragazzi alle prime armi, gente con le idee poco chiare. Poco importa, cerco persone con passione e spirito di sacrificio, perché senza questa fiamma ardente non si smuove nulla e i risultati non arrivano.
Fin troppe volte ho perso tempo con persone che avevano differenti priorità, comprensibili tra l’altro, ma incompatibili con la ricerca che intendo portare avanti.

A tutti suggerisco la lettura di “Civiltà Sepolte“, del buon vecchio C. W. Ceram. A parte che già rapportarsi con persone che leggono è da considerasi un privilegio, in questo mondo così superficiale.
Poi sono convinto che il libro racconti veramente bene la passione di certi grandi personaggi del passato, della dedizione quasi folle e maniacale con la quale hanno alimentato ogni forza, per anni, fino al raggiungimento della propria scoperta.

L’ostinazione. La fiamma che arde nei loro cuori e che fa superare la fatica, la fame, la miseria, i fallimenti. La motivazione.
Solo così si comprende che nulla è regalato. Che occorre impegno, costanza, passione, perseveranza. Qualità sempre più rare ed aliene a molti. Ma per andare dove altri non sono giunti occorre fare di più. Quando si legge che dopo dieci o venti anni hanno raggiunto il proprio obiettivo, non dobbiamo credere che abbiamo aspettato 10 o 20 anni senza fare nulla e poi un mattino, come per incanto, tutto sia avvenuto spontaneamente.

Per quel periodo, per tutti quegli anni, hanno dedicato ogni istante della propria vita, in modo fin maniacale, al perseguimento del proprio sogno. Emblematici i casi di Champollion e di Schliemann, ma non solo.

In seguito a questa lettura affido dei semplici compiti, con lo scopo di capire come ognuno lavora, al di là della propria esperienza. La pulizia del metodo, l’ordine, il rispetto dei tempi concordati.

Si riesce a capire quanto una persona ci tenga e quanto sia superficiale. Se si arrende alle prime difficoltà, o alle seconde.

Ben pochi, purtroppo, dimostrano di avere la stoffa e la dedizione che cerco nei miei compagni di avventure.

Raccontare l’archeologia tramite video

Nato quasi per scommessa, il progetto TESES MYSTERY CHANNEL si sta affermando sempre di più.
Ben cinque dei servizi autoprodotti da Luigi Bavagnoli e i suoi colleghi di Teses sono stati trasmessi su Italia 1, all’interno di una rubrica del noto programma Mistero.

Marzo 2014, 380 iscritti al canale YouTube, 118.000 visualizzazioni, 21 servizi per quasi 3 ore di intrattenimento.

Questi sono i dati di quanto prodotto fino ad oggi dai ragazzi capitanati da Bavagnoli che, in una recente intervista, ha raccontato:

“Mi rendo conto che sempre meno persone si appassionano ai misteri del passato, alla storia ed all’archeologia. Ho quindi cercato di proporre un format giovane, veloce, fruibile attraverso il web, che potesse intrattenere più persone possibili. Divertendosi, parallelamente, imparano qualche cosa.”

I video prodotti parlano di cunicoli sotto alle chiese, di passaggi segreti, di tesori nascosti, di enigmi archeologici, di alchimia ed esoterismo. Alcuni di questi hanno ottenuto un grande successo, altri meno.

“Proprio per questa ragione continuiamo ad imparare, osservando cosa funziona meglio cerchiamo continuamente di interpretare le esigenze e le richieste del nostro pubblico.”

Importante contributo al progetto la lavorazione del montaggio dei video, realizzato da Alessandro Fulci, nipote dello scomparso regista Lucio Fulci e di Fabrizio Danieli, di MoonTV Studio.

Di recente è entrato in squadra Federico Pecorino, architetto milanese che collabora al progetto arricchendo i filmati con la riproduzione tridimensionale dei luoghi studiati grazie alle potenzialità offerte dalla moderna computer graphics.

Il museo locale

I musei locali, soprattutto nei piccoli centri, vengono spesso penalizzati.
Vercelli non è un caso a parte, se si pensa che il Museo Leone ospita un quantitativo di reperti locali pari a quello conservato nel capoluogo.

Perché quindi metà dei reperti vercellesi noti e catalogati sono fruibili a Torino?

Un museo locale dovrebbe poter raccontare la storia della propria città e delle terre che la circondano. Se pensiamo a quanto materiale archeologico è andato perso (rubato, demolito, sottratto, rivenduto, etc…) negli ultimi due secoli, dovremmo sforzarci di valorizzare al meglio quel poco che ci è rimasto. Purtroppo il problema della carenza cronica dei fondi allocati alla cultura è noto e senza apparenti margini di miglioramento. Ma forse esiste qualche possibilità low budget per migliorare le cose?

Noto che la maggior parte dei visitatori osserva i reperti nelle teche come oggetti particolari e affascinanti perché antichi.
Una lucerna romana è pur sempre una lucerna romana, sia che si trovi in una teca a Vercelli, a Torino o a Berlino.

Ma credo che la popolazione locale dovrebbe poter vivere un’empatia maggiore, consapevole che la lucerna di 2.000 anni fa che sta osservando è stata repertata nella loro città. E quando si conosce con precisione l’ubicazione del ritrovamento una piantina del territorio con una semplice X potrebbe favorire il collegamento mnemonico necessario per collocare l’oggetto in un luogo noto.

Questo permette di scoprire quelle curiosità che potrebbero anche tramandarsi velocemente, viralizzarsi diremmo oggi, scoprendo che quell’embrice è stato trovato nel campo vicino a… oppure che quella fibula è stata ritrovata dove oggi ha la casa o il negozio quell’altra persona. Credo siano valori aggiunti che solo un museo locale può permettersi e che quindi dovrebbe sfruttare.

L’oggetto inanimato apparteneva a chi ha vissuto in quel luogo, tra quelle strade. E’ sì un oggetto lontano nel tempo, ma vicino geograficamente.
Credo che in pochi riescano a percepire il valore aggiunto di un reperto antico proveniente dalla propria terra, forse perché poco si è spinto per far percepire chiaramente questo legame.

Ancora più importanti sono i contesti epigrafici, che ci permettono di comprendere frammenti della storia passata, di enrome importanza proprio in quanto contestualizzati. Altrimenti assumerebbero, agli occhi del fruitore medio, il mero fascino di antiche pietre incise.

Nelle sale epigrafiche spesso mancano due cose, di cui sentirei il bisogno. La traduzione leggibile e completa del testo originale ed una breve spiegazione del valore specifico ed intrinseco di quella determinata fonte.

I visitatori di un museo solitamente trascorrono molte ore in piedi, sono stanchi, certe sale all’apparenza meno coinvolgenti vengono percorse distrattamente in velocità. E’ molto raro vedere il pubblico soffermarsi a tradurre i contenuti dal latino, tanto meno dal latino epigrafico.

Quindi ci limitiamo a mostrare delle pietre incise. Ma il loro valore sta nelle parole impresse ad imperitura memoria, che testimoniano scelte politiche, avvenimenti, fatti che ci permettono ci comprendere l’evoluzione della nostra città. Due pannelli accanto all’epigrafe potrebbero cambiare ulteriormente il metodo di fruizione degli spazi espositivi e di presentazione di reperti altrimenti difficili da comprendere per i non addetti ai lavori.

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Salvaguardiamo il passato

Abbiamo molti mezzi da utilizzare per contribuire alla salvaguardia del nostro passato.

Parlarne, innanzi a tutto. Molte persone sono state impigrite dalla comodità dell’era moderna. Si affidano alla TV, seguono concetti semplici e leggono sempre meno, privilegiando le chiacchiere da bar alle riflessioni ed alle discussioni serie in quanto meno faticose.

Centinaia di minuti spesi in modo passivo, giocando alle numerose fattorie virtuali presenti online, al più cerebrale e in voga Ruzzle. Ottimi passatempi che però, temo, portino ad una ridotta crescita individuale rispetto alla lettura di un buon libro, al farsi domande ed a cercare risposte.

Manca la domanda di cultura e l’offerta si adegua, propinando migliaia di cantanti, calcio in tutte le versioni e veline sempre più nude a compensare un talento limitato. Un circolo vizioso. E allora facciamo un sforzo, ho lanciato un’idea: 1 minuto di cultura al giorno. Chi ha voglia di aderire, ogni giorno deve scegliere un argomento storico o culturale e divulgarlo per un minuto.

Può parlarne agli amici, ai colleghi, può twittarlo, condividerlo su Facebook. In questo modo l’interesse verso questi argomenti può rinascere, in quanto trova un’alimentazione altrimenti assente.

In questo blog ho trattato molti argomenti, che possono essere ripresi, riassunti, esplosi, approfonditi, possono essere spunti per nuove riflessioni o anelli per concatenarne altre.

Aiutiamo chi abbiamo intorno ad uscire da questo innaturale torpore. Tutti insieme possiamo farcela.