Chi è stato il primo archeologo della storia?
E’ importante saperlo, sia perché a lui dobbiamo veramente molto, sia per pura cultura personale, al giorno d’oggi troppo sottovalutata.
Ebbene, esistono diverse correnti di pensiero e ancora oggi sono in molti a contendersi la pestigiosa onorificenza.
L’opinione più diffusa accrediterebbe Tucidide, antico storico greco. Egli fu il primo a tentare la ricostruzione del passato tramite alcune testimonianze tangibili e materiali, ovvero i reperti.
Ma occorre spingersi in pieno Umanesimo, il periodo che corrisponde al Quattrocento italiano, e che si posiziona tra il Medioevo ed il Rinascimento, per avvicinarsi ad una concezione di archeologia molto più simile a come la intendiamo oggi.
L’archeologia dell’Umanesimo si sviluppa grazie all’interesse verso il passato classico che contribuì al commercio ed al collezionismo di oggetti prodotti e realizzati durante l’epoca greco-romana.
Cosa avviene? In realtà poco o niente. I preziosi reperti vengono conservati, come suppellettili e meri oggetti decorativi, diventano oggetti di scambio e di baratto e nulla più. Nessuno inizia a studiarli, ma perlomeno viene data loro l’opportunità di giungere integri fino a noi. E’ interessante notare come, durante questo periodo, non si fece distinzione tra opere d’arte e oggetti comuni, di vita quotidiana.
Ciò permise la sopravvivenza di un discreto campionario di oggetti.
Fino a questo momento, l’interesse per il passato si limitò alla sola cultura classica e continuarono ad essere ignorati i resti di ogni altra civiltà.
Appuntiamoci ora un nome importante: Johann Joachim Winckelmann. Nel 1765 pubblicò un testo che segnò un importante passo evolutivo della storia dell’archeologia. Si tratta di “Storia delle arti del disegno presso gli antichi”, il primo testo che spiega le opere greco-romane in un corretto contesto storico e non più solamente come singoli oggetti estrapolati dal tempo e dallo spazio.
Purtroppo si continua ad ignorare tutto ciò che non concerne il classico, anche perché sono ancora molto diffuse certe concezioni estetiche neoclassiche.
Dobbiamo ora proiettarci avanti nel tempo di altri 150 anni, per incontrare l’opera “Industria artistica tardomana”, scritta da Alois Riegl e pubblicata nel 1901. L’importanza di questo testo la si trova nella comprensione dell’esigenza di analizzare le opere studiate in un preciso contesto sia temporale che geografico.
Ora i tempi sono maturi e ciò che Riegl trasmise fu accolto in modo consapevole ed illuminato. La nuova corrente di pensiero si diffonde rapidamente ed incontra sempre più persone interessate. Interesse che non si esaurisce nella passiva documentazione su pubblicazioni altrui, ma che porta addirittura molte persone a cimentarsi nel ruolo di pionieri e di “eXploratori”.
Le prime ondate di studio, assolutamente poco organizzate e prive di metodo, portarono però alle più grandi scoperte, grazie anche al fatto che essi furono i primi a scandagliare terreni ancora vergini.
Ercolano e Pomepi vennero scoperte nel XVIII secolo e questa scoperta è da annoverarsi tra le prime, oltre che tra le più importanti del nostro territorio.
Non si trattava solamente di scavi frenetici, ma anche di studi a tavolino, lunghi e maniacali, che portarono a risultati di rilievo, come la decodifica della scrittura geroglifica da parte di Jean-François Champollion, che diede il via al glorioso e florido studio della cultura egizia, ancora oggi molto attuale.
Studi e scoperte portati avanti dall’italiano Giovanni Battista Belzoni e da Karl Richard Lepsius. La scrittura cuneiforme venne decifrata da Georg Gridrich Grotefend e permise a Paul EmileBotta, insieme ad Austen Herny Layard ed a Robert Koldeway, di compiere le loro mirabili scoperte nella terra del Tigri e dell’Eufrate, la terra tra i due fiumi, la Mesopotamia.
Prendiamo appunti, annotiamoci una data da ricordare, il 1873, ovvero l’anno in cui Heinrich Schliemann scoprì la città di Toria.
Le eXplorazioni avvengono un po’ ovunque e nel 1900 sir Arthur Evans iniziò gli scavi di Crosso. Non dobbiamo però dimenticarci che, nonostante l’entusiasmo e l’impegno di tutti, queste ricerchealtro non furono che scavi e sterri, in grado di riportare alla luce oggetti che sarebbero finiti direttamente in qualche museo dove gli addetti li avrebbero catalogati.
Solo in seguito vennero ampliati gli studi e migliorati i metodi, comprendendo lo studio del reperto successivo al ritrovamento e di ciò che poteva testimoniare, unitamente al suo contesto. In seguito alla riscoperta delle catacombe romane nasce una nuova disciplina, l’archeologia cristiana ed in breve nasce anche l’interesse vero la preistoria e la proto-storia, fino ad ora mai realmente considerate.
Per concludere questo argomento citiamo l’utilissimo lavoro di Christian Thomsen, che redasse la prima periodizzazione delle età storiche, per consentire un metodo di catalogazione univoco ed uniformato al fine di iniziare quel lento ma indispensabile processo di coordinamento di tutti coloro che si occupavano di archeologia. L’aspetto originario storico-artistico lascia gradualmente sempre più spazio verso fondamenta più storico-antropologiche e l’interesse si diffonde per tutte le epoche e per tutti i tipi di reperti.